Auguri di Natale


Ai Docenti, agli allievi e loro famiglie, al personale ATA.

Natale. Un tempo per riflettere sulla complessità riprendendo un cammino “interrotto”…

L’umanità vive di ritmi, di consuetudini, di atti dovuti. Uno di questi è lo scambiarsi gli auguri nella solennità del Natale e per l’inizio dell’anno nuovo. Il Dirigente, all’interno della comunità educante di un Istituto scolastico, non può sottrarsi e ha da farlo con letizia. Desidero cogliere questa occasione per porre alcune considerazioni che ritengo fondamentali in questi giorni così faticosi da reinterpretare.

In attesa di riprendere l’attività scolastica in presenza (seppur al 75% delle classi per giornata) e sempre in attesa delle indicazioni organizzative ad hoc, che arriveranno nei primi giorni del nuovo anno, cercando di disintossicarsi delle molteplici attività digitali a distanza, ritorniamo ad impossessarci del tempo. In questi giorni avremo tanto tempo a disposizione, ma non per tuffarci acriticamente in un uso convulso e compulsivo di ogni tipo di device. Nell’oggi, a causa dell’uso indiscriminato e irrazionale di questi strumenti (non degli stessi!) viviamo la sindrome del pesce rosso. Studi etologici ci dicono che il pesce rosso ha un tempo di attenzione di 8 secondi, poi passa ad altro. In questi ultimi anni, con una forte accelerazione nell’anno Covid, stiamo appianandoci verso questa soglia minima.

Il motto cartesiano “Penso dunque esisto” dice l’incommensurabilità dell’animo umano, non possiamo smarrire questa dimensione fondativa dell’uomo e perciò stessa ontologica. L’esperienza Covid ci ha resi tutti più fragili, più vulnerabili. I dati ce lo confermano. La Società italiana di Psichiatria ha registrato in questo periodo un aumento del 35% di uso di ansiolitici e ipnotici e del 28% di antidepressivi. Vivere in perenne stand by tra annunci e divieti ci destabilizza ed è sempre più faticoso resistere e mantenere viva la speranza di un futuro migliore.

È pervenuta una tristissima lettera al Corriere della sera (8.12.2020) scritta da uno studente. Alcuni passi. “Se sono stanco? Sì. Se sono fiducioso per gennaio? No. Non riesco più a sopportare tutto questo. Tra lezioni online, mascherina in volto anche quando sei fuori da solo, coprifuoco alle 22.00, isolamento sociale… Vorrei solo urlare perché non ce la faccio più, vorrei non aver più paura di rimanere solo. Se tornerò felice come una volta? Non credo…”.

Sono parole e pensieri gravi, pesanti e drammatici. Siamo chiamati a reagire di fronte questa situazione, alla quale non possiamo sottrarci. Siamo chiamati a vivere l’oggi, non il domani. Poniamo atti, gesti, ritmi che sappiano attivare in noi meccanismi di benessere: lettura di un libro, ascolto di un brano musicale, guardarsi negli occhi e sorridersi anche dietro una mascherina, fare una telefonata... distilliamo stili di vita semplici, umili che fanno spazio alla gratuità dell’amore e del servizio verso le persone care e verso coloro che ci sono affidati.

Non è un vivere facile né semplice l’attuale.  Così recita un testo che sto leggendo in queste giornate faticose e sospese: "A livello individuale, poi, cresce il sentimento dell’“esser-gettati” in situazioni quotidiane, professionali, interpersonali, pubbliche e collettive più intricate, variabili, dilemmatiche. Di essere investiti da un diluvio di informazioni, senza il tempo di riuscire, se mai fosse possibile, a elaborarle tutte, risucchiati come siamo nel vortice di una vita accelerata. Sempre meno “a casa nostra” e sempre più spaesati, in un mondo dove “la porta del paradiso rimane sigillata dalla parola ‘rischio’” e “il rischio di evitare il rischio resta sempre un rischio”. " (Mauro Ceruti, Francesco Bellusci, Abitare la complessità: La sfida di un destino comune, Mimesis Piccola Biblioteca, 2020). Qui siamo, qui stiamo.

Il tempo delle vacanze natalizie sia il tempo per ritornare a sognare, per avviarci verso un futuro migliore da noi desiderato, pensato, progettato. C’è stato offerto un esempio straordinario (allora è possibile!): la Prima della Scala nell’era Covid. Quando tutto sembrava irrimediabilmente perso la reazione delle diverse maestranze è stata magnifica; tutti abbiamo potuto assistere ad un’avventura straordinaria e si è dato sommo risalto alla necessità di una unità di intenti e alla centralità della cultura, prima azienda del paese Italia. Ci sono le cadute ma ci sono le rinascite.

Verso una nuova rinascita siamo tutti chiamati mettendoci in gioco, senza se, senza ma, senza piccoli calcoli personalistici. Quest’anno c’è una strenna natalizia singolare, un piccolo testo scritto da papa Francesco con un titolo che può diventare un programma di vita: “Ti auguro il sorriso, per tornare alla gioia”. Sia anche il mio augurio natalizio. In noi e nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti lavorativi e nelle nostre aule, nelle diverse realtà che transitiamo ritorni il sorriso, ritorni la speranza, ritorni l’ottimismo. Questo sia il Natale 2020 per ciascuno di noi e per i nostri cari. Un abbraccio, nel desiderio di rivederci nuovamente insieme il 7 gennaio 2021.